Postfazione di VITO PALAZZINI, autore della biografia, che del Santo fu discepolo e che conobbe da vicino anche San Riccardo Pampuri, entrato nell’Ordine degli Ospedalieri, nell’Ospedale Sant’Orsola di Brescia, nel 1927.
“Nel terminare di scrivere con affetto filiale la vita di S. Giovanni di Dio, io vedo la sua figura ergersi, gigantesca, dinanzi a me:
La sua vita è così umana che la contemplo in un certo senso avvicinarsi a me uomo debole e peccatore.
Giovanni Papini nella prefazione al suo S. Agostino dice cosa che può essere applicata anche alla storia di S. Giovanni di Dio:
“Non ho nascosta, – egli scrive – o velata nessuna delle colpe di Agostino giovane, a differenza di certi panegiristi di buona volontà, ma di poco senno, i quali si studiano di ridurre quasi a nulla la peccaminosità dei convertiti e dei santi, non pensando che proprio nell’essere riusciti a salire dal letamaio alle stelle consiste la loro gloria e si manifesta la potenza della grazia“.
I quarantatre anni di preparazione (e non sono pochi in rapporto ai poco più di dodici anni di ministero) sono anni
- di desideri,
- di tergiversazioni,
- di entusiasmi passeggeri.
Giovanni sembra un radagio che non sa o non vuole scegliere la sua via;
- è sempre un viaggiatore senza meta;
- un camminatore con l’ansia dell’arrivo;
- ma che non trova mai il posto dove posarsi e stabilirsi;
- un inquieto, sia pure in cerca di Dio, ma che non trova la sua pace in nessun angolo della terra,
- senza un mestiere perché ne cambia troppi.
- Come si sente in lui l’uomo ricercatoredi Dio !
- L’uomo instabile,
- l’uomo, il vir desideriorum,
- l’uomo che non sa decidersi,
- l’uomo, il solitario camminatore alla conquista della felicita!
E’ per questo che io vedo S. Giovanni di Dio così vicino a me in fraternità di desideri e di aspirazioni.
E’ uomo nel senso più pieno della parola, perché il peccato è eredità dell’uomo e solo pochi, pochissimi privilegiati della grazia possono presentare a Dio ancora bianca la stola battesimale. Ed egli ha conosciuto il morso del peccato, ha sentito la lama diaccia della colpa trafiggergli le carni, il cuore, l’anima.
E allora lo posso chiamare fratello e a lui con confidenza posso porgere la mano perché mi tragga dal fango del peccato, perché mi tolga dal mare dell’incertezza e del dubbio, perché mi porti a Dio.
Quarantatre anni sono preprazione a quel 20 gennaio 1537 in cui dal pulpito della chiesa dei Martiri di Granata partì la scintilla che nell’esaltazione più grande, chiamiamola pure, nell’esaltazione più strana lo trasformò nel pazzo della penitenza e dell’amore.
Ed ecco che la figura paresi stacchi da me e salga, salga meravigliosamente purificata in Dio.
- La decisione è suprema,
- egli si dà totalitariamente a Dio,
- perché totalitariamente si stacca dalla fragilità umana.
- Non conosce mezzi termini la sua decisione,
- non pensa egli egoisticamente al domani,
- così come è di fronte a Dio vuol presentarsi dinanzi agli uomini.
Ecco perché è grande, di quella grandezza che noi non conosciamo; la sua pazzia pazzia fu veramente sapienza mirabile!
La sapienza nostra è insipienza che cerca di nascondere, con orpello che luccica e che abbaglia, difetti, peccati, incongruenze.
Quando mai noi mostriamo il nostro vero volto? Mai, perché ci sforziamo di coprire con patina, che vorrebbe essere di onestà, la nostra disonestà.
- Toglieteci dal posto che occupiamo, dalla cattedra dove insegnamo,
- dal pulpito dove predichiamo,
- strappate l’abito che portiamo anche se intessuto di sete e di oro e cosparso di gemme,
- lavate con soda e spazzola la nostra faccia,
- asportate la patina che la copre
- e troverete l’uomo nudo, peccatore, insipiente che non vuol confessare nè a sè, nè agli altri la sua stoltezza di peccato e di miseria.
Giovanni di Dio è grande, supremamente grande, quando nella piazza Vibalambra confessa a tutti i suoi peccati.
Ed è così strano questo agire ripieno del senso di Cristo che egli viene rinchiuse nell’ospedale dei pazzi.
Ed allora perché meravigliarsi delle opere da lui compiute se crediamo nella parola di S. Paolo che dice che Iddio sceglie le cose che sembrano stolte agli occhi del mondo per confondere i sapienti?
Ma pure in questa ascesa sublime egli non stacca la sua mano da me, anzi mi tiene stretto perché lo segua nel volo.
Io credo che noi abbiamo perso il senso cristiano, dirò meglio evangelico della vita. L’uomo non ha capito creare altro che tribunali, pene e prigioni e ha moltiplicato gli infelici perché sdegna di dar la mano al caduto per rialzarlo e con lo specioso pretesto del bene comune gli priobisce di togliersi dal fango, perché lo stancano le lagrime altrui, perché gli fanno schifo le piaghe purulenti, perché soprattutto non ha fiducia e tiene sempre in quarantena quelli che un giorno ebbero la forza di redimersi.
Ecco perhé l’uomo è ipocrita, qualunque posto occupi nella scala sociale, ecco perché di sepolcri imbiancati è piena la strada dell’umanità. Guai a chi iceppa nella ruota della giustizia umana, è sicuro di esserne stritolato e ridotto a brandelli!
Come si erge maestosa invece e ammonitrice a grandi e a piccoli, a principi, e a vescovi la figura di Giovanni di Dio, che getta le basi del suo ordine sopra quattro peccatori [ ] trasformati dalla sua umiltà e carità, che accoglie e li guarisce alla fiamma del suo amore, che col Crocifisso sul petto passa per le strade e per le case del peccato a conquistare anime eanime !
Forse qualche esempio di questa grandezza che non teme i giudizi del mondo, che sa strapparsi dalla funesta pianta dell prudenza umana si potrà trovare ancora nella agiografia cristiana, ma non mi è mai capitato di vederla così solendida e così purificatrice”. (Vito Palazzini in San Giovanni di Dio ed. Paoline 1943)
L’AUTORE – AMMIRATORE DEL SANTO: VITO PALAZZINI
IL CUORE COMANDI
COR MEUM AMORE PAUPERUM DELIQUIESCIT
Granada – Basilica di San Giovanni di Dio – L’urna