SAN GIOVANNI DI DIO E L’INCENDIO DELL’OSPEDALE REGIO DI GRANADA – Angelo Nocent

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L’incendio dell’ OSPEDALE REGIO di Granada

(di Igino Giordani)

“…Un  giorno che Giovanni attendeva  alle sue mille e una occupazione per portare avanti la complicata azienda della miseria, un accorrere di gente urlante, spaventata, gli portò la notizia  che l’ospedale regio ardeva.

Si trattava del grande edificio che avevano fatto costruire i re cattolici Ferdinando e isabella: L’edificio dove Giovanni aveva sofferto e goduto del suo soffrire e dove centinaia di fratelli erano ricoverati.

Al pensiero di quelle creature in pericolo, di quelle membra sofferenti esposte alle fiamme, Giovanni non ci vide più; Balzò in piedi e, lasciato a mezzo il suo lavoro, corse, portato a volo dall’amore; e quando sboccò nella spianata, tra la calca che gemeva e urlava, gli si parò innanzi l’edificio avvolto di fumo.

Le Fiamme stavano investendo la più gran parte dello stabile e tra gli urli dei ricoverati lassù, e le strida della folla giù, si sentivano crollare i primi tetti. Giovanni vide solo nel suo pensiero quelle creature che dalla corsia invocavano soccorsi, e immaginò gli invalidi nei giacigli, i dementi nei ceppi…; e fattosi largo tra la ressa avanzò arditamente verso il portone, donde fuggivano inservienti e ricoverati che potevano muoversi.

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La gente lo riconobbe:

– Giovanni di Dio! Giovanni di Dio! –

E il grido sonò tanto implorazione quanto meraviglia.

Nell’andito invaso di fumo Giovanni, che conosceva bene lo stabile, avanzò ardito e salì le scale. Era solo: e solo un pazzo poteva avventurarsi in quella bolgia. Non sentendo nè l’arsura nè la stanchezza, cominciò a entrare e uscire per i dormitori, invasi di fumo, entro cui saettavano laceranti le invocazioni selvagge o fioche degli immobilizzati: e dai giacigli ne sollevò uno e lo portò verso l’uscio; e poi un altro; e poi un terzo…; e così di seguito, senza stramazzare sotto il peso.

Da solo salvò quanti malati, uomini e donne, erano restati; dopo di che, sapendo quel che la masserizia valesse per i poveri infermi, si mise con una rapidità e una forza prodigiosa, a radunar e gittar dalla finestra letti, mobilia, e coperte, quanto potè.

Ciò fatto accorse a dare una mano ai volenterosi che s’erano accinti a spegnere l’incendio, ma a un certo punto una lingua di fuoco eruppe alle sue spalle, sbarrandogli la ritirata, mentre l’incendio ardeva urlando in faccia a lui. Una nuvola di fumo, tra il croscio delle travi, lo avviluppò, sì che la gente da basso, avendo osservato la scena, emise un urlo di terrore, convinta che egli fosse stato travolto nel vortice delle vampe.

La voce della sua eroica morte, con la rapidità del vento che alimentava la fiamma, si sparse tra la folla; e un clamore di lamenti si levò d’ogni parte. Ma a un tratto se lo videro balzar fuori dal groviglio, e discesa rapidamente la scala, vennir via ratto e illeso. Solo le ciglia erano arse. E allora la gente non potè reprimere l’impressione che egli fosse stato salvato con un miracolo, essendo passato visibilmente tra le fiamme; e un miracolo verosimile fu, il quale conferisce un colorito di fiamma alla carità di quest’uomo, offertosi intero agli altri, sì che la liturgia ricorda l’episodio nell’orazione della sua Messa festiva, pregando Dio che per i meriti del suo Giovanni, i vizi nostri siano medicati dal fuoco della carità divina.

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Ma di consimili episodi, – narra il fido Francesco Castro – se ne potrebbero narrare molti.

Il gesto appare più eroico quando, investigando le cause dell’incendio, si comprese che esso era esploso a motivo dei troppi fornelli accesi in cucina per preparare un banchetto pantagruelico, a base di polli, pernici, e altri volatili d’eccezione per ordine e uso dell’amministratore che era un personaggio titolato, e quando faceva le cose le faceva con opulenza sardanapalesca, con i fondi dei poveri.

A noi che abbiamo seguìto dall’età di otto anni le vicende avventurose di Giovanni di Dio, il suo sprezzo del pericolo non desta sorpresa; e così non ci sorprendono i suoi atti di coraggio di prima e di poi.”  (Pag. 179-182)

San Giovanni di Dio venditore ambulante

“Era la zona arida di Gaucin e il sole vampava devastante sulla pietraia; sì che Giovanni, arrivato presso una fonte dovette fermarsi e prendere un po’ di riposo, e scaricò il suo fardello prezioso ai piedi d’un albero. Quindi andò a dissetarsi. Nel tornare verso l’albero, il bambino gli porse un melograno: un bel melograno aperto da cui sporgeva una croce; e gli disse:  – Giovanni di Dio, la tua croce sarà a Granata. – Ciò detto, scomparve” (pag.63-64).

Miracolo o leggenda, di lì è venuto alla famiglia di Giovanni di Dio il simbolo: un melograno aperto con una croce a sommo…”.

San Giovanni di Dio

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