LA CRISI DI SAN GIOVANNI DI DIO: shock nervoso acuto di forma angosciosa?

1-San Giovanni di Dio in manicomio

LA CADUTA DA CAVALLO

1-ONOFRIO BRAMANTE - San Giovanni di Dio 05jpgQuesto il fatto narrato da primo biografo Francisco de Castro:

“Giunto ad età conveniente, costui lo mandò in campagna insieme agli altri suoi servitori che guardavano il gregge. Ivi attendeva a prendere e portare l’approvvigionamento necessario con ogni diligenza, perché, essendogli venuti a mancare i genitori in così tenera età, procurò di compiacere e servire questo brav’uomo nella menzionata e come pastore tutto il tempo che stette in casa sua. Per questo i suoi padroni gli volevano molto bene, ed era amato da tutti.

Essendo ormai giovane di 22 anni, gli venne la volontà di andare in guerra, e si arruolò in una compagnia di fanteria d’un capitano di nome Giovarmi Ferruz, che allora il conte di Oropesa inviava al servizio dell’Imperatore per soccorrere Fuenterrabía, che era stata occupata dal re di Francia.

Mosso Giovanni dal desiderio di vedere il mondo e godere di quella libertà che comunemente sogliono prendersi coloro che vanno in guerra correndo a briglia sciolta per il cammino largo (benché faticoso) dei vizi, incontrò in essa molti travagli e si vide in molti pericoli.

1-_Scan10395Trovandosi, infatti, in quella frontiera, un giorno a lui e ai suoi compagni venne a mancare l’approvvigionamento. Essendo egli giovane e molto volenteroso si offri per andare a cercare da mangiare presso certi casali o fattorie, che si trovavano un po’ distanti da loro. Per potere andare e tornare più presto, montò su una giumenta francese, che era stata presa ai nemici. Arrivato a circa due leghe da dove era partito, la giumenta, riconoscendo i luoghi nei quali di solito andava, cominciò a correre furiosamente per rientrare nella sua terra.

Siccome, però, non aveva per briglia che una cavezza, con la quale Giovanni la guidava, non fu possibile trattenerla, e corse tanto per le falde di un monte che lo scaraventò contro alcune rupi, dove rimase per oltre due ore, senza parola, buttando sangue dalla bocca e dalle narici, completamente privo dei sensi, come un morto, senza che vi fosse alcuno che potesse vederlo ed aiutarlo in tanto pericolo.

Ripresi i sensi, tormentato dal colpo ricevuto per la caduta e visto il rischio di incorrere in altro non minor pericolo di esser fatto, cioè, prigioniero dai nemici, si sollevò da terra come meglio poté, senza quasi poter parlare, si mise in ginocchio e, alzati gli occhi al cielo, invocò il nome di nostra Signora la Vergine Maria, della quale fu sempre devoto, cominciando a dire: «Madre di Dio, venite in mio aiuto e soccorso, pregate il vostro santo figlio che mi liberi dal pericolo in cui mi trovo e non permetta che venga preso dai miei nemici».

Poi, sforzandosi alquanto e preso in mano un palo ivi trovato, col quale si aiutava, si mise in cammino e piano piano giunse dove stavano i suoi compagni ad aspettarlo.

Avendolo visto così mal ridotto e credendo che lo avessero incontrato i nemici, gli chiesero che cosa fosse accaduto. Egli raccontò loro quanto gli era occorso con la giumenta, ed essi lo fecero mettere a letto e sudare, ponendogli molti panni addosso. Così di lì a pochi giorni, guarì e stette bene”.

Quel volo contro le pietre del bordo della strada, dove rimase per due, tre, cinque…ore privo di sensi, privo di parola, di conoscenza, come morto, gli procurarono una commozione cerebrale? Una lieve frattura della scatola cranica? Probabilmente sì.

San Giovanni di Dio in ascolto new-8Qualcuno ha insinuato che la “pazzia” di San Giovanni di Dio, ossia le sue “stranezze” manifestate durante la conversione origino da questo infortunio. Nessuno è in grado di provarlo. Jean Caradec Cousson o.h. sostiene che il de Castro ha il pregio di riferire fedelmente i fatti ma l’abitudine a interpretarli a modo suo. Ad esempio, “per lui è evidente che Giovanni Cidade ha recitato la parte del folle. Ora, contro questa opinione illogica, si leva la descrizione così viva dello stesso de Castro che descrive Giovanni Cidade impegnato in atteggiamenti e attività esplosive, incoercibili e non dirette a calcolare come lo sarebbe necessariamente degli atti simulati: inoltre, conviene prendere alla lettera le parole di Giovanni che non mentiva: “Fratello mio, che Nostro Signore vi ricompensi per la carità che mi avete testimoniato in questa casa di Dio, per tutto il tempo che sono stato malato. Ora mi sento bene e in grado di lavorare; per amor di Dio, lasciatemi dunque uscire!”.

1-San Giovanni di Dio - Fondateur-St-Jean-de-DieuCaradec Cousson, autore di “GIOVANNI DI DIO dall’angoscia alla santità – Città Nova, pag 61) conclude così il ragionamento: “In breve, la Vita di Giovanni di Dio secondo il suo contemporaneo de Castro, letta attentamente ed interpretata secondo i criteri scientifici moderni, come anche le testimonianze concordi dei notabili di Granata, del direttore dell’ospedale regio e del paziente stesso, ci permettono di dedurre molto verosimilmente: No, Giovanni di Dio non ha simulato la follia. Egli è stato malato, come lo esprime lui stesso in termini moderni e dignitosi: “He estado enfermo” “.

 Nelle note a piè di pagina si legge:

Per provare che Giovanni Cidade non ha simulato la follia, l’autore invoca la testimonianza dei notabili e del direttore dell’ospedale, ma non condivide affatto il loro punto di vista sullo stato reale del suo eroe.

_Scan10164Alcuni lettori del Capitolo V (apparso sul “Lien Hospitalier” del novembre 1972 sembrano però supporlo, nonostante l’esposizione di un’opinione diversa, forse in po’ diluita nel corso del capitolo. Per togliere ogni equivoco in merito, ecco, in termini concisi la convinzione dell’autore. Giovanni Cidade, affetto da uno shock nervoso acuto e breve, di forma angosciosa, conserva, nonostante tutto, la propria lucidità, ma diventa preda momentanea di impulsi disordinati, irresistibili, accettati, d’altra parte, con soddisfazione, perché appagano i suoi profondi desideri di espiazione.

Quest’opinione è confermata dai gesti e dalle parole di Giovanni Cidade, riferiti fedelmente da de Castro. Infatti, dopo alcuni giorni di ospedale, Giovanni dichiara di essere uscito dall’angoscia (Ya me siento sano y libre…del dolor y angustia…).

Subito è liberato dai ferri e dalla fustigazione degli infermieri che egli aiuta di buon grado nei lavori ospedalieri, durante i tre mesi di convalescenza. Poi, il 16 Maggio (1539), Giovanni Cidade sollecita la propria uscita presso il direttore dell’ospedale, adducendo che è stato malato, ma che ora è guarito e può lavorare”.

 Non sono uno psichiatra e potrei anche trovarmi d’accordo con queste considerazioni che tirano in ballo la scienza. Ma una certa perplessità mi viene da una considerazione molto elementare:

  • da un lato ci sarebbe una precisa patologia: shock nervoso acuto e breve, di forma angosciosa;

  • dall’altro un trattamento terapeutico che il de Castro tratteggia fedelmente: “Avendolo visto in tale stato due uomini dabbene del la città, mossi a compassione di lui, lo presero per mano e, togliendolo dallo schiamazzo del volgo, lo condussero all’Ospedale Reale, che è il luogo dove vengono rinchiusi e curati i pazzi della Città, e pregarono il maggiordomo di volerlo ricoverare e farlo curare, mettendolo in una stanza, dove non vedesse gente e potesse riposare, perché così forse si sarebbe guarito della pazzia che lo aveva colpito.

    _Scan10165Il maggiordomo, poiché lo aveva visto andare per la città e soffrire quel tormento, lo ricevette subito ed ordinò a un infermiere di ricoverarlo. Avendolo visto così maltrattato, con gli indumenti a brandelli e pieno di ferite e lividure per le percosse e le sassate, lo presero subito in cura. E sebbene all’inizio procurarono di trattarlo con buone maniere perché potesse tornare in sé e non soccombesse, dato che la principale cura che ivi si pratica a questi tali consiste in sferzate e nel contenerli in aspri vincoli, e cose simili, affinché, mediante il dolore e il castigo, perdano ferocia e, tornino in sé, gli legarono i piedi e le mani, e, nudo, con un flagello a doppia corda, gli diedero una buona dose di frustate.

A me pare che i conti non tornino: è possibile che da uno stato angoscioso una persona esca attraverso l’isolamento, il contenimento e, visto che non si ottiene alcun risultato con le “buone maniere” si passi ad una efficace terapia d’urto che viene così descritta ?:” dato che la principale cura che ivi si pratica a questi tali consiste in sferzate e nel contenerli in aspri vincoli, e cose simili, affinché, mediante il dolore e il castigo, perdano ferocia e, tornino in sé, gli legarono i piedi e le mani, e, nudo, con un flagello a doppia corda, gli diedero una buona dose di frustate”.

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Sarà vero che, dopo quo trattamento supplementare Ciudade si sia in poco tempo ristabilito e che la degenza di tre mesi, tolto il primo periodo critico, sia stat una convalescenza? Se così fosse, la scienza, più che inorriddire, avrebbe tanto da imparare. Solo che, quando Giovanni Ciudade sembra tornato in possesso della sua normalità e si lascia andare a considerazioni che suonano pesanti, la convinzione dei “terapeuti” è che non sia affatto rinsavito, anzi!

Ma cosa andava farneticando il cervello del nostro Ciudade ?

«Oh, traditori nemici della virtù, perché trattate cosi male e con tanta crudeltà questi poveri infelici e fratelli miei che si trovano in questa casa di Dio insieme a me? Non sarebbe meglio che aveste compassione di essi e delle loro sofferenze, e li puliste e deste loro da mangiare con più carità ed amore di quello che non fate, poiché i Re Cattolici per questo lasciarono tutte le rendite che occorrevano?». (de Castro cap. 8). Hospital Real - GranadaGranada – Hospital Real

Breve consulto e rapido supplemento terapeutico: Udendo ciò gli infermieri, sembrando loro che alla pazzia aggiungesse la malizia, e volendolo curare dell’una e dell’altra, alla flagellazione aggiunsero altri poderosi colpi, più di quanti ne davano a coloro che ritenevano soltanto pazzi” (idem).

Hospital Real GranadaSe questa cura sul nostro soggetto si è dimistrata efficacissima e lo ha rimesso rapidamente in sesto a tal punto da farlo diventare un gigante della carità, alla équipe terapeutica dell’Ospedale Regio di Granada, seppur in ritardo, andrebbe meritatamente assegnato il Nobel per la psichiatria.

Comunque, lasciando ad ognuno la sua opinione, proverò a dire la mia: Giovanni Ciudade era affetto da sindrome da Miserere”.

dsm - Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5).Sono sicuro che gli psichiatri di questa sindrome non ne sanno nulla proprio perché non figura nella” bibbia della psichiatria”, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5). Ma ne riparleremo in un successivo capitolo.

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